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Segue un estratto dal libro:
"Al mio fianco
sento una voce ormai nota: un richiamo di Rurik.
- E tu - gli chiedo - non sei di quelli che possono uscire per il lavoro? (si
erano conosciuti, entrambi ufficiali alpini, all'arrivo a Bolzano, che, oltre
che stazione di smistamento, era anche un campo di lavoro)
Egli sorride amaramente, Il suo viso pallido prende il riflesso d'una luce chiara.
Due pupille nere, adombrate da folte sopraciglie, mi guardano in silenzio. Così
mi ha dato una risposta.
Non può essere un contrassegno qualunque, certamente è uno di
quelli che molto hanno dato per la causa nazionale: è un pericoloso di
III grado.
omissis...
Negli ultimi giorni
della mia permanenza nel campo di Bolzano, avevo notato il mio amico Rurik (per
non parlare di molti altri compagni) assai triste e sfinito.
Era un giovane d'una sensibilità quasi femminile, di cuore generoso ed
un eroismo stoico.
La stima che avevo per lui s'era mutata in amicizia.
Camminava spesso da solo per il cortile, con le mani in tasca e con il capo
chino.
Portava la barba sempre incolta.
- Quando ti fai bello? - gli dicevo qualche volta per distrarlo un po' dai suoi
neri pensieri.
- Quando mi libereranno! - rispondeva scherzando amaramente. Sollevava di scatto
la testa e mi guardava prima di rispondermi.
Aveva già le pupille molto torbide ed il pallore del viso era quasi cadaverico.
- Non ti senti bene, Rurik? -
- No, sto bene! Sono in pensiero per quelli là... - e con la mano m'indicava
la costruzione cellulare dove, in piccole stanze oscure, languivano e morivano
i compagni.
- Hanno tanta fame quei poveretti - mi sussurrava mentre avvicinavamo il passo
alla prigione.
Soltanto dalla bocca da lupo della cella avremmo potuto gettare qualcosa...ma
non avevamo nulla.
Un giorno mi sento chiamare da Rurik.
- Vuoi farmi un piacere? - mi chiede sommessamente.
- Perchè no? - gli rispondo pronto.
- Fa attenzione se arriva qualche sentinella, che io getto qualcosa ai compagni.
Egli ora sta buttando patate crude nel rettangolo della bocca da lupo. Ma sono
quarantacinque celle e centocinquanta detenuti...e le tasche di Rurik sono già
vuote. Ritorna da me con aria soddisfatta dicendo:
- Meglio che niente, poveretti
E le patate era andato a rubarle col grave rischio di essere sorpreso e fucilato
per reato di sabotaggio, proprio all'ingresso della cucina del comando.
Un pomeriggio sono vicino alla porta dell'infermeria.
Vedo avvicinarsi ancora lui che mi dice:
- Tu che conosci il Prof. Ferrari e la Dottoressa, fatti dare qualche aspirina
per i compagni di carcere.
Lo guardo bene e lo vedo più abbattuto e con gli occhi stralunati.
- Tu sei ammalato, Rurik! - gli dico prendendogli una mano.
Lui non parla...mi guarda con sguardo assente. La sua mano brucia nella mia,
il colore del viso è terreo, i lineamenti sono disfatti.
- Non preoccuparti di me! - mi risponde con tono stanco. - Io sto sempre bene.
Sono quei disgraziati delle celle che stanno veramente male.
Il Prof. Ferrari, di nascosto, mi dà qualcosa per gli ammalati che trasmetto
subito a Rurik.
- Un altro piacere dovresti farmi. Vado a vedere se non ci sono sentinelle intorno
alle celle e così tu mi dai una mano...
Ogni giorno lui veniva da me perché l'aiutassi nella sua opera di carità.
Un mattino è già davanti alle celle, getta qualcosa nelle bocche
da lupo...quando sulla porta d'ingresso si presenta un famoso aguzzino: + l'"Ucraino",
un soldato delle SS addetto addetto alla sorveglianza e all'eliminazione dei
prigionieri segregati.
Il terribile boia biondo ha visto ed ha capito...Si getta come una belva sul
debole Rurik, che gli gira le spalle, sorpreso in flagrante e, con pugni e calci,
lo stende al suolo.
Non un lamento dalla bocca del poveretto.
Io sono riuscito appena a nascondermi nel vicino blocco A.
Ora vedo Rurik alzarsi barcollando. Si spolvera, porta le mani al viso.
Dalle narici versa molto sangue.
omissis....
Nevicava e lui (Rurik
che sta partendo per Gusen) non aveva che un vestito sottile e passava
ora, come ogni giorno, con le mani in tasca. Andava a consegnare al comando
delle SS il suo triangolo rosso e la matricola...perchè altro campo,
altro numero.
Si sapeva che la Mina (la signorina
Gianna) gli aveva fatto pervenire effetti personali di lana.
Ma egli, prima di essere chiamato per l'appello della partenza, aveva gettato
tutto il suo corredo in una bocca da lupo perchè servisse a qualche compagno
che restava a languire nelle gelide celle di punizione.
- Io camminando mi posso scaldare, ma loro invece sono costretti all'immobilità
ed al freddo.
Così aveva commentato il suo gesto generoso.
...."
sedicesima lettera..............................................
rapporto gusen
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