L 'UNIVERSITA'

L'Orso ha deciso:

l'unico vero colpevole sono io,

La questione della responsabilità è sorta quando gli ho fatto gentilmente notare che in tre anni di università Egli , mantenendo un'ottima media rispetto ai suoi compagni di liceo, aveva sostenuto ben tre esami.

Facendo un rapido calcolo sul primo pezzo di carta a disposizione gli avevo dimostrato come alla tenera età di cinquantasette anni avrebbe terminato l'università.

Concedendogli ancora tre anni per fare pratica e prendere confidenza con il lavoro di commercialista, a circa sessant'anni avrebbe potuto sostituirmi e cominciare a mantenere la nostra famiglia e quella ulteriore che eventualmente si fosse fatto Lui.

Peccato che, vista l'alacrità dimostrata dal mio linfoma prediletto, io sarei già morto da circa vent'anni.

L'Orso si è molto arrabbiato.

Diventato ancora più grosso, se possibile, di quanto già non sia, mi ha sovrastato fisicamente, urlandomi nel suo strano linguaggio dattilografico (siamo sulle duecento parole al minuto) che ero un vecchio maligno e che a forza di fare dell'umorismo mi sarei strozzato con una battuta.

Poi, riacquistato il normale (?) equilibrio, e parlandomi con quello che Lui crede sia civismo mi ha detto:

"Tu sbagli, vecchio stronzo, non si sa mai che cazzo vuoi!" - breve interruzione per raccogliere i guazzabugli che Lui chiama idee - "E' molto meglio dare ordini, invece di fare melliflue richieste con annesse spiegazioni, almeno ai figli non restano dubbi e possono decidere liberamente se ubbidire o no! Punto!!!".

Con qualche dubbio sul significato grammaticale del termine "Punto!!!", Gli ho fatto notare che le mie scelte educative lo riguardavano solo come destinatario delle stesse e che mi sembrava più ragionevole cercare di spiegare le ragioni delle mie richieste piuttosto che imporle.

Il gigantesco mostro che io chiamo Figlio, dopo essere diventato progressivamente sempre più scuro e più grosso, ha sferrato un tremendo pugno sulla porta di quercia della sua tana, dove mi ero addentrato per parlargli, sradicandola dai robusti cardini in ferro battuto.

Al pauroso frastuono accorrevano anche la Strega e l'Anaconda.

La Strega mi si è avventata, restando a distanza solo grazie alla sedia da domatore che avevo prontamente afferrato, sbraitando selvaggiamente. "COSA HAI FATTO AL MIO BAMBINO...? Vecchio bastardo..., fallito di merda...," - poi, con sussiegoso disprezzo- "anche malato...!".

L'Anaconda, un metro e un cazzo di furore, intelligenza e sessualità cercava di consolare un Mostro alto due metri e largo altrettanto che, con viscida perfidia, piagnucolando, si lamentava:" Il Babbo ce l'ha sempre con me...., mi sgrida sempre, mi tratta come un bambino...".

La femminea serpe che duplicò la mia paternità si rigirò lentamente e mi sferrò la dovuta frustata verbale: "Pa',...sei proprio un "minus habens", non sai trattare le persone."

La Strega, che non aveva capito un tubo, urlava alla sua figlia prediletta: "Non puoi dire queste cose a tuo padre, anche se è un fesso!".

L'Orso, riprendendo vigore, era intervenuto: "Mamma, non urlare a mia sorella!".

Io mi ero allontanato mentre continuavano a sbraitare e, quando chiuso nel mio studio cercavo di controllare la nausea ed i conati di vomito, pensavo che in effetti quell'idea di Sartana del "Preparati la bara!", in un caso grave come il mio sarebbe stata liberatoria.

Agosto 1995




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