"IL TRAFFICANTE"

Gli avevano detto che era uno in gamba.

Un ottimo professionista molto stimato sul mercato degli esperti di diritto amministrativo e tributario.

Così il Dagna decise di consultarlo.

Era un tipo deciso il Dagna, una belva cattiva e furba che si era fatta strada fino alla vetta, nel settore del riciclaggio di denari sporchi, con pestoni sul muso dei concorrenti e con altri sistemi assai meno delicati.

Ora era incastrato in un brutto pasticcio di responsabilità societarie e fallimenti organizzati per frodare la Comunità Europea ed aveva bisogno del consiglio di qualcuno molto in gamba.

Quando, insieme ai suoi gorilla, suonò alla porta del famoso Studio professionale gli aprì un giovane colosso alto due metri, in doppiopetto grigio e cravatta Reggimental, che li fece educatamente passare nello studio del Professionista.

L'ometto dietro la scrivania era piccolo e magro, con un aria serena e due occhi attenti.

Il Dagna , tanto per darsi un contegno, sparò un "Ehi Dottore...! anche Lei ha bisogno della guardia del corpo ?".

Gli occhi gentili dell'ometto lo guardavano con strana intensità mentre rispondeva pacatamente: "Veramente trattasi del mio figliolo maggiore, che si è appena laureato e mi fa da assistente, ma è meglio che passiamo al suo problema, signor Dagna."

Era proprio in gamba, l'Ometto.

Non volle sapere niente degli affari neri del Brigante, ma impostò i problemi in maniera perfetta e, sulla carta, strutturò ineccepibilmente la difesa del Dagna.

Precisò però chiaramente che non avrebbe seguito la pratica e che questa era l'unica parte di lavoro che Lui era nelle condizioni di svolgere.

Indicò al Dagna colleghi commercialisti ed illustri avvocati che avrebbero dovuto e potuto assisterlo nel prosieguo della faccenda.

Il Dagna ne fu soddisfatto ma l'ometto lo aveva infastidito con quel volersi sganciare dagli aspetti meno raccomandabili della storia e, così, al momento del congedo e sulla spinta del suo caratteraccio, sparò lì un: "Dottore, non faccia il furbo! Nessuno è incorruttibile ed abbiamo tutti le nostre debolezze. Se volessi potrei anche imporLe di continuare a farmi da consulente."

E solo mentre andava avanti con un:" Anche se suo figlio è un bel giovanotto, potrebbe non restarlo per sempre", si accorse dell'errore.

Gli occhi dell'ometto erano diventati di ghiaccio e la sua voce appena sussurrava, mentre il buco della canna di una quarantacinque puntata tra gli occhi del Dagna diventava ad ogni istante più grosso e più nero: "Alfonso...,sei sempre stato un po' imprudente ma adesso hai superato te stesso. Decidi ora perchè non avrai altre occasioni."

E il Dagna ricordò di colpo.

Aveva dodici anni ed era cattivo e violento come ora, ma, nel piccolo paese dell'entroterra dove era nato, la vita era agra e durissima ed i ragazzi sono più incoscienti ed impulsivi degli adulti.

Così, quella volta, quattordici delle sue piccole vittime l'avevano incastrato.

Preso in mezzo all'imbrunire con stanghe e bastoni l'avevano già conciato per le feste e l'avrebbero ammazzato quando il bambino che passava le vacanze nel podere del Trotti si era messo in mezzo.

Era un bambino di città, educato e gentile.

Due soldi di cacio di timidezza e cortesia e tutti lo trattavano ironicamente a botte di "signorino".

In cinque minuti li stese tutti e quattordici sanguinanti e restò lì a guardarli scappare, mentre il Dagna bastonato ed attonito cercava di rimettere insieme i cocci.

Poi il ragazzino di città lo guardò, con due gelidi occhi verdi e sussurrò a mezza voce: "Alfonso, ho sentito parlare di te e non mi piaci affatto. Per questa volta è andata così, perché eri il più debole, ma non succederà un'altra volta."

Nel lussuoso studio del Professionista il Dagna, circondato dai suoi gorilla, si sentì morire e, borbottata qualche parola di scusa, si dileguò in pochi attimi con la banda.

Solo dopo essere tornato nella sua tana si ricordò di non aver neppure pagato il conto, ma giurò in cuor suo che un giorno o l'altro avrebbe saldato tutta la faccenda.

Lo fece qualche tempo dopo.

Il figlio gigantesco del Professionista si era rifiutato di prestare mano ad alcune operazioni finanziarie sospette e nell'ambiente correva voce che fossero decisi ad eliminarlo.

Il Dagna era feroce e crudele e ed aveva molti crediti da riscuotere .

Gli bastò mettere in giro la voce che si sarebbe molto irritato se al ragazzo fosse successo qualcosa, per chiudere definitivamente la questione.

Ora, soddisfatto e con il cuore in pace, poteva rimettersi tranquillamente ad ordire le sue trame.

Era un sabato pomeriggio terso di sole, sferzato dalla gelida tramontanina che spesso fustiga le città di mare, quando gli dissero che c'era giù un omettino elegante che voleva parlargli.

Lui capì subito ed ordinò di farlo passare.

Il Professionista, salutatolo brevemente, gli disse:"Signor Dagna, ho contratto un debito, sia pure involontariamente, e sono stato educato a saldare i miei debiti. Questa è una grossa obbligazione e Lei può chiedermi ciò che desidera, senza limitazione alcuna.".

Ora ci sei, pensò il Dagna, e rispose con sussiego: "Ruperto, caro il mio bel "signorino", io ho estinto un Mio debito e questo è tutto. E non ho ancora finito di pagare..., vai a fare in culo!".

Il Professionista restò serio mentre i suoi occhi sorridevano allegramente: "Sei proprio uno stronzo Alfonso..., ma gli amici sono amici in tutte le circostanze, qualunque cosa facciano, e Tu ora sei un mio amico comunque."

Il Brigante si sentì stringere il cuore e capì di avere perso la partita.

L'Ometto gli aveva fatto un offerta che non si poteva rifiutare e che lo avrebbe costretto a cambiare vita.

E Lui si sentiva molto, molto meglio!

aprile '96




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