ESAMI MALEDETTI....
Alla mattina del giovedì ritiro quei miei cazzi di esami e mi sembra di aver beccato un cazzotto nei denti.
Non ho mai avuto paura e, in questi dodici anni, ho fatto l'abitudine
all'idea di morire.
Sono già sopravvissuto un casino di tempo e non dovrei lamentarmi, ma,
in qualche modo che non comprendo bene, mi ero quasi abituato ad una lenta discesa
verso un ipotetico esodo.
Sembra invece che il mio malefico ospite, visto che non trovava
spazio altrove, abbia deciso di sistemarsi tra sangue e midollo, divorandosi
allegramente tutte le piastrine.
Le conseguenze pratiche, per ora, non sono fastidiose: stare attenti agli incidenti,
non tagliarsi facendosi la barba, non farsi picchiare da un camionista per strada,
non giocare a pallanuoto contro slavi o russi, etc. etc.. Ma è abbastanza
ovvio che il mio beffardo Linfoma non ha la minima intenzione di seguitare a
fare il "parassita saprofita" ed abbia optato per la scelta "parassita
parassita" (di quel genere che, stupidamente, uccide l'ospite suicidandosi
contemporaneamente).
Ho comunicato la faccenda alla Strega, già disperata per il decesso del fratello Ottavio, ed ai Mostri che ho amorevolmente coltivato per venti e rotti anni ed è stata una tragedia nella tragedia.
Il venerdì, tanto per sicurezza, rifaccio altri due
esami ad Ematologia, con il medesimo pessimo risultato ed uno sguardo preoccupato
di uno dei miei amici ematologi, che mi ordina di tornare lunedì per
ulteriori esami e per parlarne con il "mio" ematologo, che mi segue
dal calvarizio (inizio del calvario).
Altro drammetto casalingo, con la Strega che mi ordina di non morire assolutamente
e mi spiega con esacerbata pignoleria quale sistema devo usare per ucciderla
prima di crepare.
Il lunedì, mentre la famiglia (Strega e Mostretti) si reca alle esequie di fratello e zio, vado dal mio ematologo all'Ospedale.
Trattasi di un omettino tranquillo (sembra un bambino con barba e baffi), molto calmo ed affetto da una lieve balbuzie. Siamo entrambi mattinieri e lo incontro già fuori del reparto alle sette di mattina. Cerco di spiegargli la faccenda, ma lui mi ordina di fare un altro emocromo e di passare poi da lui. Ormai sono pieno di buchi ma tanto..... l'esame è come i precedenti, fatta salva una lieve risalita dei valori critici.
Quando mi presento da lui con il foglietto in mano Edoardo
(il mio medico) mi osserva con attenzione, si guarda i vari esami, anche quelli
"vecchi", e poi mi da una bella pacca sulla schiena e mi dice:
"Non rompere i coglioni con queste stronzate. Non significano un tubo!
Tu stai benissimo e continuerai a stare bene. Ci seppellirai tutti!", si
concentra un attimo, come ascoltando una voce che nessun altro sente, e poi:
"Vattene a casa Marco, ci vediamo alla visita di routine".
So benissimo che tutto questo è una stramba follia clinica, so che le cose non funzionano così, come so che se Ti piantano un coltello nel cuore muori quasi sempre. So però che Edoardo (il mio miniematologo), fosse stato per lui, mi avrebbe forse evitato le sofferenze ed i tormenti di molte chemio e radioterapie. E so anche che il decorso della malattia ha un'evoluzione abbastanza fissa: se succede questo, poi succede quello. Una roba del genere.
Ma, nella pratica, ora mi sento più tranquillo. E' come
se non avessi più ragioni di preoccupazione. Come se, qualunque cosa
possa succedermi (esami sballati, sangue di merda, linfonodi che crescono di
qua e di là), il mio benedetto medico fosse convinto che il suo sarcastico
paziente (io) se ne fotterà come ha fatto per il passato, ignorando ignominiosamente
dati ed aspettative cliniche (in fondo avrei già dovuto morire due o
tre volte).
E quello che è più incredibile è che riesce a convincere
anche me.
Genova, maggio 2002
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