SFIGA E VESPA
Una malefica mattina mi si scassa il secondo computer (non quello riparato da Andrea, l'a.c. della Computer Discount di San Martino), e già m'incazzo un pelo. Il diabolico oggetto non riesce nemmeno a partire e, quando parte, si limita ad accendere un quarto di schermo. Dopo una veloce telefonata al mio angelo custode informatico lo sbatto sulla mia vespaccia giallo cacca di piccione e lo porto a riparare.
Vabbé! cose che capitano, direte Voi, ed andrebbe già di schifo (non parlo della mia salute perché ne sapete già abbastanza).
Torno a casa e, visto che la Strega si è svegliata,
mi siedo sul nostro lettone a chiacchierare. Naturalmente mi levo gli occhiali
(sono miope, astigmatico ed anche presbite) e li poggio sul letto.
Litigando piacevolmente con la Mostra che mi ha reso bimadre (bisticciare su
stupidaggini è la nostra principale attività in comune. Una decina
di anni addietro era l'attività numero due) vedo una zanzara e mi avvento,
cercando di beccarla al volo. Naturalmente metto il ginocchio sugli occhiali
e li frantumo (la zanzara intanto mi irride beffardamente).
In considerazione del fatto che gli occhiali erano un costosissimo regalo della Strega li porto immediatamente a riparare, dichiarando all'occhialaio di essere disponibile a qualsiasi prestazione (anche sessuale) pur di averli come prima e quanto prima (in caso contrario verrei fustigato dalla diabolica Entità che ha scioccamente deciso di impalmarmi anni addietro).
Potrebbe anche bastare, ma quando cerco di tornare a casa in
vespa, mi accorgo di aver rotto il cavetto dell'acceleratore. Sono le sette
di sera, è sabato e non ho nemmeno un cavetto di ricambio (peraltro dubito
sarei capace di montarlo correttamente).
Vorrei piangere, ma non ci riesco.
Passo una domenica di merda! l'Anaconda e l'Orso mi perseguitano per aver fatto
incazzare la Strega (la faccenda degli occhiali), la Strega per aver rotto la
vespa (che non usa e della quale si lamenta continuamente perché la costringe
ad utilizzare "quello stupido casco"), e pure io mi perseguito per
aver scassato il computer (anche se è quello obsoleto adibito ad attività
lavorative [ed io non lavoro più]).
Finalmente lunedì!
Sveglia alle sei, caffé, vestizione e via, a spingere la vespa bagascia fino in officina (km.5). In verità la baracchetta gialla, che si fa anche mettere in moto e si sforza di tenere il minimo alto, mi aiuta moltissimo, tanto che arrivo in officina dopo aver aver perso appena uno o due litri di sudore.
I F.lli Romei (rappresentanti ed officina Piaggio) sono bravissimi giovani (come lo era il Loro papà) e credo nutrano una certa affezione per i vecchi malati, rincoglioniti e pervicaci nel non voler cambiare una vespa di trentacinque anni (trasformata, dopo l'alluvione del '90, da un 180 GL in un duecento) che, malgrado l'età, riesce ancora a spararsi un bel cent'all'ora (in forte discesa, però). Così me la fanno riparare quasi subito, non senza farmi i complimenti per le varie prese d'aria che si aprono astutamente nel paraspruzzi/paragambe (in realtà opera di qualche stronzo che si diverte a dare picozzate alla mia vespaccia durante la notte). Uno dei due F.lli commenta con arguzia la cosa proponendo di brevettarla e di inviare l'idea alla casa costruttrice, sostenendo che con questo sistema il vespista medio, in caso di pioggia, potrebbe bagnarsi in maniera uniforme, invece di bagnarsi la schiena e restare con i piedi e le gambe asciutte (cosa evidentemente poco salutare).
Comunque, dopo la simpatica presa per il culo, mi riprendo la mia porcheria e me ne vado a casa. Magari dovrei essere incazzato, ma la mia vecchia vespa va così bene ed è così menefreghista che in verità mi accorgo che non me ne importa un tubo.
In fondo computer ed occhiali me li aggiusteranno e con la vespaccia giallo merda di piccione posso andare dappertutto senza rischiare di essere tradito.
Al massimo si limita a qualche flirt innocente.
Genova, giugno 2002
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